giovedì 29 dicembre 2011

L'uomo delle bombole e la vera arte

La pausa natalizia stroncherebbe le velleità artistiche di chiunque (chissà che cosa ne avrebbe detto Picasso: lo cito non a caso, in onore della conversazione cui ho preso parte ieri, con modeste considerazioni e molto desiderio di imparare), ma per fortuna c'è chi è capace di riportarci sulla "diritta via" della creatività.
Sto parlando dell'uomo delle bombole, mani grosse da lavoratore e cervello più che fino. Nelle due volte che l'ho incontrato all'ex mercato coperto, alle prese con l'improbo compito di fornirci un po' di riscaldamento, ci ha incantati tutti con le sue frasi dense, perfette per la sceneggiatura di un film di Aki Kaurismaki.
"Vincè ha avuto a che fare con le valigie tutta la vita, eppure non ha mai fatto un viaggio, ci pensate?".
Noi zitti per lo stupore.
E poi ieri, parlando dello spazio che ospita la collettiva "INTANTO", ha chiosato: "Da dove una volta uscivano pezzi di carne, adesso escono frammenti d'arte". Tu lo dici, uomo delle bombole, con il tono giusto e le giuste pause. Accidenti che tipo che sei.
Torna a trovarci (anche perché, se non ci aiuti con quei malandati funghi, potresti ritrovarci stecchiti, prima o poi).
Grazie per il prezioso supporto: l'arte ha bisogno di calore, reale e metaforico.
Purtroppo, non ho una foto dell'uomo delle bombole. Compenso con il cartello affisso alla fermata della corriera per Roma, dedicato al grande Vincè de li pacchi, l'uomo delle valigie che non ha mai viaggiato:

La foto è parecchio sgranata, per la scarsa presenza di luce e per il fatto che l'ho scattata dalla corriera, qualche minuto prima di partire per la capitale. 
Aspettavo però il momento giusto per usarla. Eccolo qui: grazie, uomo delle bombole. Grazie (ancora una volta), Vincè.

giovedì 22 dicembre 2011

Giuseppe Pende e i suoi ottanta gatti

Passo da via Perpenti piuttosto spesso. La percorro in prevalenza a piedi per andare dalla mia parrucchiera o per raggiungere la mia banca più velocemente. Ho sempre saputo che è una delle più antiche di Fermo (non a caso, da lì passa anche la sfilata in costume di Ferragosto, nel giorno della Cavalcata dell'Assunta, una tradizione antica - dicono qui - più del Palio di Siena, rinverdita solo negli anni Ottanta).
Eppure, non la conosco. Non so nulla (o quasi) dei palazzi storici che la percorrono a destra e a sinistra e dei sassi sul selciato, ben più di semplici sampietrini.
Oggi, però, ho fatto una scoperta meravigliosa.
In uno di quei palazzi è ospitato il museo permanente dedicato a Giuseppe Pende, pittore e molto di più scomparso nel 2001. L'anno è assai significativo per la sottoscritta per molte ragioni: la più importante? Ho conosciuto proprio allora il mio compagno di vita, il bipede Paolo di cui parlo nel mio profilo.
Ai tempi, però, non avrei mai immaginato di trasferirmi da queste parti. Ero proiettata verso la grande città, come molti con storie personali e professionali simili alla mia.
Giuseppe Pende era di origine pugliese: anche lui è dunque uno dei tanti transfughi capitati quasi per sbaglio in questo posto.
Per lui, Fermo era un paradiso, forse perché gli permetteva più che da altre parti di stare a stretto (strettissimo!) contatto con i suoi ottanta gatti.
Era anche uno sportivo e un grande amatore (ha avuto otto figli dalla sua ex modella e moglie Ida, colei che, credo, ha permesso la nascita dello spazio espositivo).
"Intanto" che continuo a lavorare all'ex mercato coperto, raccolgo perciò più informazioni possibili per i miei futuri scatti e per le mie future storie, a questo punto non so più se solo "minime".
Con il passare dei giorni, infatti, mi rendo sempre più conto che il mio progetto originario - nato con lo scopo di documentare la vita sull'angolo del centro storico che mi è più noto, ossia via Mazzini, piazza del Popolo e il Girfalco) - potrebbe allargarsi a dismisura proprio grazie alle notizie che vado via via raccogliendo dalle persone che sto conoscendo alla Collettiva natalizia di artisti.
So tuttavia che mi è stato dato un limite massimo per consegnare il lavoro, ma secondo alcuni sarebbe trattabile, perciò vediamo...
In ogni caso, niente m'impedisce di usare quel che non finirà nel progetto per Itaca altrove.
Di Giuseppe Pende, infine, preferisco non dire altro finché non sarò andata a visitare lo spazio che gli hanno dedicato.
Vi lascio con tre scatti fatti all'angolo tra via Recanati e via, giusto nel giorno della sfilata medievale:



Nell'ultima si vede il fotografo Fabrizio Zeppilli, che ormai incontro spessissimo nelle mie esplorazioni fotografiche... Neanche a farlo apposta, tra gli scatti che espone a "Intanto", ce ne sono un paio molto simili (come soggetti, non come resa tecnica!!!) alle mie... Mi sa che finirà per odiarmi! Lo dico simpaticamente, ovvio...
Insomma, proseguo. E aspetto con grande curiosità quel che scoprirò già domani nel gelido ex mercato coperto.

domenica 18 dicembre 2011

La famiglia Rispi

Su corso Cefalonia, fino agli anni Sessanta, c'era una cioccolateria Venchi molto prelibata.
La si riconosce ancora dalle api scolpite sulle colonne ai lati della porta e dal pannello rettangolare sopra lo stipite.
Adesso è una bottega vuota, l'ennesima del centro storico.
Subito dopo, segue il portone dell'abitazione della famiglia Rispi, secondo i pettegolezzi locali abile nell'arte dello strozzinaggio. Qualcuno li aveva ribattezzati i Rospi, anche per la malsana abitudine di girare come straccivendoli,  pur essendo miliardari.
Addirittura, una commerciante del mercato della piazza sottostante, tuttora adibita a questo scopo, era solita dare qualche spicciolo alla padrona dell'antico palazzo che ospitava anche la bottega del cioccolato, impietosita dall'aspetto miserevole.
Finché un giorno, un grillo parlante le disse come stavano le cose.
Almeno, questo è quel che hanno raccontato a Renè, l'autore delle famose foto a "Vincè de li pacchi", colui (in ultima istanza) che ha permesso il mio ingresso in qualità di fotografa ufficiale del backstage alla collettiva di artisti in corso di svolgimento all'ex mercato coperto, che si trova giusto affianco alla piazza in cui i Rispi avrebbero giocato a fare i poveri.
Ed eccovi Renè, molto probabilmente destinato anch'egli a far parte delle mie "Minime storie" (anche se lui ancora non lo sa):

Sullo sfondo, nella cornice, Vincenzo Rossetti, in uno degli intensi scatti del più noto battutista di Fermo.
Approfitto dell'occasione per ringraziare il primo, per l'assistenza morale che mi sta facendo dal posto in cui si trova adesso, qualunque esso sia, e il secondo, per la simpatia, la disponibilità e... l'assistenza tecnico-psicologica di questi giorni!

giovedì 15 dicembre 2011

"INTANTO" che aspetto di proseguire con le mie Minime storie...

... Faccio la fotografa al mercato coperto di Fermo, un luogo in cui sono entrata la prima volta, in analoga occasione, lo scorso anno. Soltanto che, l'anno scorso, non conoscevo l'anima di questa manifestazione chiamata "Intanto" non a caso. La struttura un tempo deputata al commercio al minuto di frutta, verdura, carne (di quest'ultima c'è traccia nella stanza-frigorifero ancora visibile e in un calendario dedicato al "Pollo Piceno" del 2006) oggi è vuota e in via di trasformazione. 
Da quel che ho capito, avrebbero dovuto abbatterla per farci dei parcheggi in più; invece qualcuno si è opposto e a tutt'oggi l'enorme stanzone è rimasto vuoto. Fino all'anno scorso, quando "il sindaco di piazza" e altre poche forze (leggi: la fondamentale signora in rosso Patrizia Di Ruscio) ha avuto un'idea: "intanto" che l'amministrazione comunale o chi per essa non avesse preso una decisione sul destino dello spazio, perché non organizzarvi dentro la prima collettiva di artisti & affini fermani giusto nel periodo natalizio? Detto fatto (E come no: ora che ci sono dentro, capisco che massacro dev'essere stato allestire tutto per tempo...). 
Ricordo il gelo che ho provato nella mezz'oretta in cui me ne sono rimasta impalata a guardare la performance di un'attrice il giorno dell'inaugurazione. Quest'anno, per ora, è ancora caldo, ma pare che giusto sabato, ossia all'apertura ufficiale, arriverà una bella perturbazione pre-vigilia.
Per farla breve, da oggi a sabato sarò impegnatissima a documentare il più possibile l'avvento della seconda edizione di "Intanto"... intanto, anch'io dovrò scegliere quali foto stampare e appendere nel pannello che mi è stato riservato... e che, temo, resterà vuoto fino all'ultimo minuto utile!
Del resto, volevo far parte delle mie "minime storie" da Fermo? 
Non credo che avrei potuto avere migliore occasione.
Eccovi il mercato coperto, vuoto come il mio pannello:

 E con le tracce della prima edizione della collettiva:
Bibi (il sindaco di piazza, per gli amici, s'intende) vorrebbe che questa fosse l'ultima edizione. L'ha dichiarato stamattina in conferenza stampa. L'intento, naturalmente provocatorio, era di spingere il Comune a dotare la città capoluogo di provincia (eh già: Fermo è provincia. Lo dico per i lettori non marchigiani) di uno spazio adeguato per mostre, collettive e personali. Di più: di un posto deputato all'arte, qualunque essa sia.
Un sogno troppo grande? Può essere. Sarà per questo motivo che mi piace un sacco.
... Corro a fotografare!

martedì 6 dicembre 2011

Il tipo che cammina... finge di fumare uno scontrino!

Stamattina niente foto a Diana, che è dovuta correre "dietro a un mortale" (traduco per i non giornalisti: "incidente mortale"), perciò, tristemente me ne sono andata in posta a pagare le bollette.
Quando si dice il caso.
Tra un mare di vecchietti chi t'incontro? Il tipo che cammina tutte le sere, tra le cinque e le sette, che originariamente saliva su via Mazzini da solo. Più di una volta l'ho avvistato dalle finestre di casa mia con il suo kway e l'ombrello, utilizzato, all'occorrenza, anche per fare un po' di braccia.
Da un po' di tempo a questa parte, invece, lo vedo in compagnia di una donna, presumo la moglie o la fidanzata. Insieme, sono proprio carini e fotogenici. Peccato però che sia buio pesto, il che, in effetti, rende assai difficoltosa la realizzabilità di uno dei miei (spero) prossimi scatti.
Insomma, di giorno e costretta a una lunga attesa, ho potuto osservarlo con calma.
Era seduto affianco a due vecchietti, uno dei due novantenario. Si parlava di campagna e di odori. Una volta, ribadiva il camminatore con occhialini intellettuali e tuta d'ordinanza, era diverso: la campagna profumava, adesso (anzi: "addè", trascrizione fonetica della parola in vernacolo locale) puzza.
E fin qui, in fondo, niente di strano: è logico intrattenersi in discorsi da fila postale, dovendo aspettare così tanto tempo (personalmente, ci sono rimasta più di un'ora. Alla fine ero in trance).
Il problema, se può dirsi tale, è che il tipo stringeva tra le dita il tagliando segna-coda arrotolato a mo' di sigaretta e... ha fatto finta di fumarlo! Cioè: ha proprio mimato l'atto di portarselo alle labbra e di respirarlo, con tanto di fuoriuscita finale della nicotina dalla bocca. Ero ancora parecchio stupita dal gesto, quand'ecco che gliel'ho visto ripetere una seconda volta.
Perché mai l'avrà fatto?
La risposta più semplice non la scrivo.
Diamo quella più razionale: magari è un fumatore (benché camminatore accanito, ma l'una cosa non esclude l'altra: conosco fumatori che fanno le maratone) ed era, in quel momento, in preda a una crisi d'astinenza troppo forte.
Del resto, visto quanto ho dovuto attendere io, è facile che sia successo lo stesso a lui e per un tabagista dev'essere una vera tortura sentirsi imprigionati in un luogo smoke-free.
Tuttavia, non riesco ad accontentarmi di questa spiegazione.
Se mai avrò il coraggio (e non è un problema di timidezza) di fermarlo, gli chiederò se fuma.
Oppure, magari, ha smesso e cerca di non riprendere il vizio percorrendo in lungo e in largo il centro storico, kantianamente sempre agli stessi orari.
Insomma, il mistero è fitto.
Se lo risolverò, ripasserò di qua a renderne conto.
Dimenticavo un dettaglio.
Per scherzare, ed esclusivamente in privato (da questo momento non più...), anch'io faccio spesso finta di fumare: stecche del gelato, matite, una volta pure un pezzetto di pane... però non fumo, è solo un gioco un po' bizzarro e per niente ambiguo. E' idiozia allo stato puro, insomma.
Che non faccia anche lui come me?
Sì, bisogna che lo fermi e ci faccia almeno due chiacchiere.
Nel frattempo, eccovi un'immagine della meta del percorso del tipo camminante (e signora):


Adesso (addè) le foglie gialle non ci sono più e comunque non credo di riuscire a scattare in notturna. Mai dire mai, comunque. La mia è solo scaramanzia.
Per calmare i nervi, comunque, posso sempre fumarmi un post-it...

lunedì 5 dicembre 2011

Rosalba e Tom

Non deve essere ricca, ma una casa ce l'ha. Da quel che ho capito, ci vive con il cane Tom e il fratello Cesare. Quest'ultimo, originariamente, era nell'ideale elenco dei fotografabili, ma poi, come succede di frequente nei progetti elaborati a tavolino, ho capito che non era adatto. Per l'impostazione che ho dato, anzi, che sta materializzandosi scatto dopo scatto, incontro dopo incontro, era molto più adatta Rosalba, con il suo fazzoletto in testa legato sotto al mento, il bastone e il suo cane scuro e magro. 
Ho visto che Maria le ha regalato due euro dopo aver vinto al lotto, dal che ne ho dedotto la differenza di status sociale tra le due. Con Rosalba, però, ho parlato troppo poco, mentre ho familiarizzato assai di più con Tom. Già da diverse settimane avevo pronta una foto che li ritraeva insieme, ma l'espressione nel volto di lei non mi convinceva. Soltanto qualche giorno fa ne ho capito la ragione. Quando parla di Tom e quando si rivolge a lui, Rosalba mette su un sorriso tenero, colmo di amore, ricambiato dagli occhi compassionevoli del suo quattrozampe. Sono convinta che l'una senza l'altro non possano proprio stare.
Perciò ho scelto una terza foto per la mia undicesima "minima storia". L'ho mandata nel primo pomeriggio al mio tutor. Sono in attesa di sapere se posso caricarla sul sito del Fotoclub.
Questa esperienza m'insegna, ancora una volta, che non devo avere fretta: se mi lascio qualche istante in più (magari anche un mese, com'è capitato in questo caso... finché avanzerà del tempo per concludere in tempo utile il progetto, naturalmente), poi la storia arriva. 
Pubblico di seguito le foto "scartate":


Nella seconda Rosalba sorride e Tom sembra ascoltarla attentamente. 
Dimenticavo: per chi volesse vederle meglio, basta cliccare sulle immagini.
Il problema di questa foto erano le ombre. 
Zoomandola, peraltro, mi sono accorta che Rosalba porta la fede. Dovunque sia finito il marito umano, è chiaro che quello vero è un moretto di altra specie.
Di qui la storia.
Non aggiungo altro. E attendo.

venerdì 2 dicembre 2011

Primo bilancio in corso d'opera

Credo di essere ormai più o meno a metà del mio percorso verso la Itaca di Giovanni Marrozzini.
E' giunto il tempo, perciò, di stilare un mini-bilancio (o di tirare le somme, per restare nell'ambito delle frasi fatte):
1) ho scoperto di essere molto più capace di quanto immaginassi di fermare le persone e di convincerle a farsi fotografare;
2) "i fermani, se ti adottano, ti adottano per sempre", stando a quanto mi ha detto una fotografanda, inserita recentemente nella lista dei fotografabili; si tratta di un grandissimo volto su una complessa personalità, però assai più dolce di quanto immaginassi;
3) "l'ospedale aiuta la chiesa", ma se chiude il primo, sono "uccelli per diabetici" (o qualcosa del genere): la prima parte della frase non è mia, la seconda lo è più o meno. Il senso? Chi ha sofferto la fame, sa che cosa significa trovarsi in un guado. Poi, c'è chi se ne frega e gira lo sguardo e chi aiuta. A me è capitato di incontrare il secondo tipo di persona, semplicemente girando e parlando. Sono doni rari che ti lasciano senza parole. Se riuscissi a rendere questo insegnamento in una delle mie Minime Storie ne sarò orgogliosissima;
4) mi piace immensamente fare foto: quando scatto, non sento più niente, né fame né sete né ansia. E' bellissimo. Non so se si vede da questi scatti:

Insomma, non mi resta che andare avanti... Sentirmi dire che sono "incredibile" dal mio tutor mi ha dato (non lo nascondo) una certa energia. Speriamo di saperla mettere a frutto. Anzi, non vedo l'ora di farlo.

giovedì 1 dicembre 2011

Omaggio a Tigre

Il pretesto per fotografare Gianfranco e la sua bella famiglia (la moglie è una Regina di nome e di fatto!) è stato un gatto, oggi molto anziano.
Ai tempi del set fotografico che gli ha dedicato Mario Dondero, Tigre era un giovanotto, dal pelo lucido e lo sguardo buono. Appartiene a un suo vecchio amico, altro potenziale fotografabile, per me (ma staremo a vedere).
Ho avuto il privilegio di vedere gli scatti di Mario. Fotografare le foto è sempre un rischio, oltre che un semi-furto. Mi arrogo però il diritto di mostrarle giusto perché sono stata io a disporle in questo modo:



Nell'angolo in basso a sinistra della terza foto c'è un altro gattino di cui nel bar ignorano la provenienza. Simboleggia però molto bene il ciclo della vita.
Se Tigre non dovesse più essere tra noi - e benché abbia deciso che non finirà tra le mie Minime Storie "ufficiali" - sappia di essere stato molto amato. Anche da chi l'ha conosciuto solo in foto.