Il grande giorno della
presentazione del mio libro per i bambini di Fermo e dintorni allo
spazio ragazzi della biblioteca cittadina è ormai alle porte. E, come sempre, prima di un evento da me molto atteso, avverto dentro di me sentimenti contrastanti.
Diciamo meglio: sono un tantino agitata, ma anche contenta (elettrizzata, direi!) dell'opportunità che mi è stata data.
E però... le gentilissime bibliotecarie mi hanno presentata come
un'esperta di lingua "gattese". Sarà che (forse) alcune di loro non conoscono bene il mondo felino, per cui una che addirittura ha realizzato un libro fotografico apparirà assai più scafata di quanto le medesime non si sentano, eppure devo confessarlo, almeno qui sul mio personalissimo spazio.
Anche se
vado a scuola di "gattese" dai miei lontani (sigh) diciassette anni, non sono ancora riuscita a padroneggiarla davvero.
Metto le mani avanti, è evidente, ma lo faccio a buon diritto (giuro che non è colpa della strizza da incontro con il pubblico).
Chi ha avuto a che fare con più di un gatto lo sa:
non ne esiste uno uguale a un altro.
E anche se sembra che facciano tutti più o meno le stesse cose (tipo leccarsi, dormire quattordici ore al giorno, fare le fusa - di tanto in tanto - sgraffignare qualche prelibatezza non conforme alla loro dieta, inseguire palline e/o altri oggetti, etc etc), vi posso assicurare che nessuno sarà mai identico a un altro. Simile, forse. Ma mai uguale.
In fondo, se ci pensate bene,
succede lo stesso con le altre lingue che tentiamo di imparare. Lo posso dire doppiamente a buon diritto io che ho ripreso a studiare inglese da un anno a questa parte e mi sono ritrovata giusto da poco allo stesso livello che avevo raggiunto anni e anni fa: l'upper intermediate.
Sapete perché? Perché anche se le regole sono sempre quelle, la pronuncia, tutto sommato, pure,
la lingua è una cosa viva, come i gatti, ossia cambia ogni giorno ed è impossibile coglierne l'essenza più vera se non ci si lascia andare a una
rilassata e arrendevole osservazione.
Ed è esattamente questo il comportamento che bisogna adottare con i gatti.
Se avete l'ambizione di capirli, in altri termini, è inutile che vi sforziate. Prima o poi saranno loro a spiegarvi che cosa volevano dirvi.
Certo, un po' di grammatica è necessaria: cioè a dire, dovrete almeno tentare di distinguere
i diversi tipi di miagolii.
C'è quello acuto pre-pappa, quello lagnoso pro-coccole e quello secco per-piacere-lasciami-in-pace.
Le modulazioni dei miao, in verità, non sono finite qua: se penso alla gatta nera, la
regina Vicky di mia suocera, per dire, ne dovrei aggiungere molte altre.
Per non parlare, poi, del loro, diverso, diversissimo,
modo di giocare.
Come ho scritto (e fotografato), prima del nostro maschio caffellatte non avevo mai visto
un gatto che fa la zuppa con i suoi giochini per facilitarne lo smembramento.
Il nostro amatissimo
Sancho, per dire, le inseguiva (e le perdeva: in questo tutti i gatti sono uguali) felicissimo, ma mai che me ne abbia riportata una. Lo fa invece, almeno ogni tanto, il nostro
"Picciotto" (sui nomignoli che si danno accanto ai nomi ufficiali bisognerebbe aprire un capitolo a parte), ma non come uno scodinzolante cane da riporto, bensì come un campione di basket impegnato in un assist.
La grigia, invece,
non sa proprio giocare e le poche volte che ci prova fa una tenerezza infinita: è nata in campagna, lei, sai che cosa gliene importa dei giochini artificiali.
Ma quando entra una mosca in casa, invece, fa dei salti e quegli urli di guerra molto diffusi tra i suoi simili che ci fanno sempre molto ridere.
Poi, però, neanche fosse
Dottoressa Jekyll, dopo le più vivaci scorribande nelle vesti di
Miss Hyde, finisce per piazzarcisi in grembo pretendendo di impastarci la pancia.
Il maschio mica lo fa?
Potrei andare avanti ancora per ore, ma non mi pare il caso.
Soprattutto, non potrò ammorbare troppo a lungo i piccolini che domani mi vedranno di persona: cercherò di essere il più sintetica possibile, perché, in fondo, quel che conta è dare loro i rudimenti di questa misteriosa e in qualche misura inafferrabile lingua.
Sono anzi sicura che
i loro disegni conterranno più di un segreto che non sono riuscita ancora a cogliere.
E vedrete che impareranno il gattese molto più in fretta di quanto non abbia fatto io!
A proposito delle mie evidenti lacune, anzi, date un'occhiata alla foto sotto (scattata giusto oggi) e ditemi se non ho ragione a sentirmi un po' disorientata:
Chi sarà mai questa strana creatura con le orecchie a punta e il muso da faina?
Ogni tanto, lo ammetto, qualche dubbio ce l'ho.
A sciogliermene molti, per fortuna, interviene non di rado
il Bipede Paolo, il fumatore di pipa che accoglie molto spesso la grigia sulle sue gambe, che sembra saperne una più dei baffi di entrambi i nostri mici.
E in definitiva,
importa poi molto stabilire se sono davvero un'esperta di gattese?
Quel che conta è la sincerità con la quale sto cercando di trasmettere le mie lacunose conoscenze. Soprattutto
il senso di benessere che sono in grado di procurare questi piccoli quattrozampe a chi li accoglie nella propria famiglia.
Spero che il messaggio arrivi forte e chiaro: e se proprio non potranno adottarne uno, almeno per il momento, mi auguro che imparino a rispettarli e ad amarli.
E un domani, chi lo sa...