domenica 30 ottobre 2011

Dalle parti dello Spoon River

Stamattina mi ha telefonato il tutor! Molto gentilmente ha raccolto la mia richiesta di aiuto dandomi ulteriori, stimolanti, dritte.
A suo giudizio, il mio lavoro fotografico in fieri (molto in fieri) si colloca dalle parti dello "Spoon River". Mi sa che ha ragione, anche se non ci avevo assolutamente pensato.
In ogni caso, mi ha dato una bella scossa, proprio quel che mi ci voleva per buttarmi sulle note (mai abbastanza) strade del centro storico.
Indubbiamente, so di avere una natura malinconica (tendente alla lagna, nei momenti peggiori) e forse si vede anche dal mio modo di fotografare.
Il tutor, però, mi ha parlato anche di "modernità" commentando la prima minima storia che gli ho inviato. Non so bene che cosa significhi, ma so che per lui la parola ha un'accezione positiva.
Quindi, vado. Salutandomi mi ha detto: "Il grosso del lavoro è già fatto".
Come no!
Userò anche questa?
Chissà. Tutor, che ne dici? Sa molto di "Spoon River", vero? ...

... A me sembra di sì!

mercoledì 26 ottobre 2011

Alla ricerca della mia poetica... sperando di averne una!

Dice il mio tutor (a proposito: ho un tutor. Si chiama Silvano Bicocchi, mi sembra un tipo molto serio. Che onore per me!) che ho "uno spiccato linguaggio letterario".
Tradotto: stai attenta a non incartarti e datti una mossa a scattare qualche foto.
Ha ragione, perfettamente ragione.
Per il momento ho fatto pochissime foto e nessuna a persone. Confesso: ho un pizzico di paura all'idea di fermare perfetti sconosciuti e convincerli a farsi fotografare (gratis: su un modulo per la privacy si parla di accordo sul compenso per ogni singolo scatto. Giovanni mi ha giustamente consigliato di eliminarlo, altrimenti c'è il caso che qualcuno mi chieda dei soldi!). La mia ritrosia, però, è accresciuta da un altro, credo fondamentale, dubbio. Il tutor parla della differenza tra fare foto in libertà e farle dopo che si è acquisito una propria poetica.
Tutor, sta proprio qui il punto: ho alcune idee sui motivi che mi spingono a scattare e sui soggetti di mio interesse. Tuttavia non basta. Non mi basta.
Non vedo l'ora di sapere che cosa pensa del mio modo di scattare. Tutor, hai in mano quindici mie foto: che ne pensi?
Aspetto dritte con ansia... non troppa! Nel frattempo, fotografo un altro pezzo di ambientazione.
Ecco a voi via Mazzini:


... E come la guardano Bice e Nino (i quadrupedi di razza felina miei coinquilini) dall'alto:


La sovraesposizione è voluta...

lunedì 24 ottobre 2011

Ma tu non ci convinci...

Fermo doveva essere bellissima. Ancora oggi risuona nei sospiri dei più anziani il sapore di un'epoca allegra e vitale. Per fortuna, c'è ancora qualcuno che ne può raccontare i fasti. E le leggende.
Fino a una ventina d'anni fa, per esempio, tutti i giorni, a mezzogiorno in punto, un ometto di estrazione proletaria, lacero quanto si conviene a un povero e pure mezzo matto, si piazzava davanti ai cancelli di Villa Vinci, un'elegante dimora presumo settecentesca di fronte ai giardini del duomo, e recitava la solita litanìa: "Vinci, Vinci, non mi convinci: tu mangi li pollastri e noi saltiamo i pasti".
In quella villa vivono ancora i discendenti di sangue blu, con custodi annessi. 
Chissà se qualcuno di loro avrà voglia di farsi foto-narrare. 
Sperando che non mi rispondano: "Ma tu non ci convinci..." urlandolo nel telefono-fiore del "viale dei tigli"...





giovedì 20 ottobre 2011

Il barista triste

Non l'avevo considerato e invece, sorprendentemente, Gianfranco il barista potrebbe essere un ottimo soggetto da fotografare. Non so bene se si sia sciolto dopo che la sua magnifica gatta (altro soggetto altamente fotografabile) mi è saltata in braccio o se sarebbe comunque accaduto perché non aveva più voglia di bere da solo.
Fatto sta che ha tirato fuori un racconto bellissimo, una minima storia perfetta di per sé.
Un tempo il suo bar era proprio in piazza. Per i locali, la piazza per antonomasia è piazza del Popolo, una delle più belle d'Italia (ve l'assicuro!). Trent'anni fa, Gianfranco era giovane e la vita del bar si protraeva ben oltre le ventuno, l'attuale orario di chiusura. Per caso, abbiamo deciso di passare di lì per un aperitivo, ai tavolini con me c'era solo il bipede che mi sopporta e un'altra strana coppia (donna molto anziana e uomo più giovane: forse mamma e figlio? Chi può dirlo).
L'attività principale, sua e degli avventori dell'epoca, era tirare fino all'alba. In ballo, una scommessa: indovinare l'esatto istante in cui sarebbe arrivata la prima cornacchia a piazzarsi sui fili della luce. In premio, l'ultimo bicchiere gratis. 
Inspiegabilmente, però,  a un certo punto le cornacchie sono state detronizzate dagli insopportabili piccioni. Avete presente "Uccelli" di Hitchcock? Ecco. I piccioni con il loro inconfondibile odioso uh-uh hanno fatto piazza pulita dei simpatici uccellacci. Con il tempo, erano diventati talmente tanti che se n'era accorto perfino il Comune. Di qui la decisione di mandarli via con le cattive. 
Gianfranco ricorda quando nel ritaglio di cielo sopra la piazza volteggiavano i falchi. Nella legge fortemente gerarchica della natura, non ci sono (non dovrebbero esserci) animali più autorevoli di loro. 
Di conseguenza, non restava che mutare la scommessa: cogliere l'esatto istante in cui il rapace si sarebbe avventato sul piccione, materializzandosi all'improvviso dall'alto.
Mica facile? Chissà quanti bicchieri saranno stati scolati alla sua salute.
Il piccione, però, è come l'edera succhia-linfa. Neanche i falchi ce l'hanno fatta. Oltretutto, affittarli era troppo costoso, ha precisato Gianfranco con un sorriso.
L'unica arma, davvero definitiva, era chiudere i buchi dell'edificio in mattoncini che oggi ospita la biblioteca.
Poi sono spariti anche i fili della luce (o prima, chissà). Fatto sta che adesso "piazza" è assai diversa dall'omologa San Marco a Venezia. I piccioni sono diventati una rarità. Mentre, sugli alberi del duomo, spesso proprio sulla punta di quelli più alti, si scorgono le eleganti, silenziose, tortore.
E Gianfranco è diventato triste. 

lunedì 17 ottobre 2011

Il progetto generale

Una mia cara amica mi ha fatto notare (indirettamente: è una vera signora, non mi avrebbe mai criticato con asprezza) che non si capisce chi sia Giovanni Marrozzini e soprattutto che cos'è Itaca.
Le ho risposto privatamente (fingendo di non notare la sua perplessità), mandandole i link al progetto generale e al blog collegato.
Sarà il caso che li riporti anche qui (cioè, l'ho appena fatto nel paragrafo precedente!).
Chi vuole sapere di più di Itaca, può leggersi la descrizione generale; chi, invece, vuole scoprire le tappe del camper ancora in viaggio da Nord a Sud per raccogliere adesioni al grande affresco di storie fotografiche nazionali, può sfogliare il blog di Giovanni, Matteo Fulimeni e Mauro Pennacchietti (che peraltro ho conosciuto al workshop di Fermo: Mauro, quando ti sei unito al gruppo? Mi sono persa qualche pezzo).
In questi giorni si è riunita la commissione che dovrebbe esaminare i nostri lavori. Confesso di sentirmi emozionata (un pochino, almeno). Forse dipenderà anche dal fatto che sono appena agli inizi. 
Bella sensazione, dà molta energia.

In basso, un'altra immagine dell'AMBIENTAZIONE, possibile: si tratta del cosiddetto (da me) viale dei Lecci. Suggestivo, non trovate?


Alla prossima!

sabato 15 ottobre 2011

Ambientazione, ambientazione!

Giustamente e appropriatamente, l'anonimo commentatore PP di un paio di post fa mi ha suggerito la parola "ambientazione" per definire i luoghi in cui, prima o poi, bloccherò i miei fotografabili (nel frattempo, ne ho individuati altri, compresi i vecchietti che stazionano sul curvone della cosiddetta Strada Nuova, tutte le sere, verso le 19.30).
Ve ne fornisco un assaggio MOLTO artigianale (forse troppo: il cognato esperto di grafica e non solo, storcerà sicuramente il naso): 
I segni rossi e gialli sono stati tracciati dalla sottoscritta (si vede, eh?), ma erano indispensabili per rendermi io stessa conto della geografia dei luoghi.
E poi le mappe turistiche mi piacciono assai (ma i due bambini stilizzati? Già, perché in quel punto del parco del Duomo ci sono i giochi, giusto!).
Oltretutto, ignoravo che la zona verde appena sotto la sommità di Fermo fosse dedicata alla rimembranza.
Che felice coincidenza. 
Se ho deciso di intraprendere questo micro-cammino, probabilmente, è merito (o colpa!) di alcune parole che mi risuonano in testa da anni, insieme ad alcuni paesaggi, stipati nel fondo della mia memoria.
Ma lasciamo andare le ragioni e le suggestioni leopardiane-abruzzesi.
La strada è lunga e abbastanza tortuosa.
Eppure mi domando: come fanno i binari a curvare così tanto?

venerdì 14 ottobre 2011

Spazzino hippy/3

Insisto con lo spazzino hippy: l'ho rivisto di nuovo, stavolta più o meno davanti ai cassonetti della raccolta differenziata. Ero andata appositamente in zona per sondarne la fotografabilità, ed eccolo lì che si avvicina con un amico. Gli stava dando consigli su come trattare una donna. "Portala in vacanza", gli diceva accorato.
"Come andiamo? Non ti avevo riconosciuta". Con la macchinetta ancora fumante, mi sono forzata alla conversazione (dovrò pure farmi vedere amichevole, se voglio convincerlo, un giorno o l'altro, a farsi ritrarre).
La vespa? In giro, finché si può. "Poi tanto ci penso io a fare due nodi stretti stretti...". Ha mimato anche l'atto di stringere fortemente il telo. E poi, meravigliosamente, ha aggiunto: "A meno che non se la porti via il vento, gonfiandosi come una mongolfiera".
Ho proprio visto la vespa rossa salutarci da lassù, volandosene via. 
Ma non sarà un poeta?
Bisognerà che mi faccia dire almeno il suo nome.
Per ora, il punto in cui l'ho incontrato, lo vedete in basso. Nel secondo scatto, i suoi attrezzi da lavoro. Gli stessi da generazioni (ma l'aspira-foglie con batteria non c'era fino a qualche anno fa. Anzi, sarà il caso che gli chieda quando l'hanno introdotto). 


giovedì 13 ottobre 2011

"Sarà un capolavoro"

Ok, nocchiero, "sarà un capovolavoro". Me lo ripeterò come un mantra e pian piano comincerò a crederci anch'io.
In verità, non riesco a pensare ad altro e forse non mi era mai capitato.
Ma queste sono considerazioni troppo onanistiche, quindi lasciamole andare.
Invece, dall'incontro con il fotografo della magia (lui e tutte le persone che hanno frequentato i suoi workshop sanno il perché), sono venute fuori indicazioni MOLTO interessanti.
Per realizzarne almeno una, penso che dovrò chiedere aiuto esterno. Nello specifico, dovrò scomodare mio cognato (come direbbe Marco Presta del Ruggito del Coniglio, in Italia abbiamo sempre un cognato che ci può dare una mano per qualcosa).
Non posso dire di più in questo post.
Aggiungo solo che mi ha dato praticamente carta bianca, suggerendomi di non imbalsamarmi da sola.
Il rischio incartatura, in effetti, c'è, ma la mia natura un po' autistica, da ex alunna modello (secchiona e occhialuta, ebbene sì), mi spingerà a seguire ALLA LETTERA le sue indicazioni. 
Ho in testa la prima storia minima... ma la sto lasciando sedimentare.
Nel frattempo, ecco un'altra immagine della zona di mio interesse (locuzione troppo lunga e poco efficace: purtroppo, è meglio location... bleah).
I fermani me lo sapranno dire: perché GIRIFALCO? Ogni volta mi viene in mente un innesto di animale, metà anfibio, metà rapace. Forse lo scoprirò in questi mesi. O posso sempre inventarmelo. Oppure no?

mercoledì 12 ottobre 2011

Prima perlustrazione, ore 11 circa di mattina

Prima perlustrazione in zona: grandi risultati!
Nell'ordine ho incontrato: 1) lo spazzino hippy intento ad aspirare foglie secche nel pezzo di prato proprio davanti al duomo; 2) la signora polacca con il suo biondissimo bambino, in compagnia, presumo, di sorella e mamma anziana; 3) la giovane mamma con il pupo in passeggino e occhiali da sole d'ordinanza. 
Salendo verso il colle, sotto il peso dei giornali, ho beccato anche un altro fotografabile, assente dall'elenco originario.
Si tratta di un signore anziano molto distinto, con cagnolino bianco al seguito. Abbiamo fatto un pezzo della salita insieme, sui due cigli opposti della strada, finché due tipi che scendevano dall'auto non l'hanno salutato con un "buongiorno, dottò". E sarà un "dottò", lo scoprirò eventualmente.

Alle tre mi vedo con il nocchiero Giovanni Marrozzini... qualche dubbio sulla realizzabilità del mio progetto ce l'ho: speriamo che non mi cassi tutto! 

Alla prossima.

In basso, uno dei viali-location (il bleah sottinteso si riferisce all'uso dell'inglesismo. Devo trovare un termine italiano per dire la stessa cosa).
In particolare, si tratta del viale da me soprannominato "dei tigli e dei platani". Bello, eh?


Alla prossima!

domenica 9 ottobre 2011

Lo spazzino hippy e la resistenza

Erano mesi che non lo incontravo. Temevo infatti di doverlo depennare dall'elenco dei fotografabili.
E invece, ieri mattina, si è rimaterializzato, più o meno sul curvone che porta al duomo, intento a chiacchierare con un ometto con cane tarchiato al guinzaglio (mi pare anche lui un habituè, ma sinceramente non aveva attirato la mia attenzione. Vedremo nei mesi prossimi).
Ci ha salutato molto calorosamente. Che onore e che gran fortuna. A occhio, credo che non si sottrarrà al set fotografico (set, perché se uso la Pentax, sicuramente dovrò fargli più scatti: la messa a fuoco manuale è piuttosto problematica per una ciecata come me).
"Si va ancora, eh?", ci ha detto vedendoci armeggiare intorno alla vespa, nonostante le previsioni meteo infauste.
Ieri mattina, in verità, c'era un gran sole, niente faceva presagire il vertiginoso calo delle temperature delle ore successive.
"Resistenza", ha aggiunto mimando con  la mano una scritta da t-shirt, all'altezza del suo petto.
Sempre resistenza, caro spazzino hippy, e non solo per i giretti in vespa, ma in generale, toda la vida.
E speriamo che non sia stata un'apparizione angelica, di quelle che ti danno lo sprint per la giornata.
Speriamo che riappaia spesso.
Tra poco, anzi, vado a buttare bottiglie, cartoni e plastica negli appositi contenitori per il riciclo.
Sono posizionati in uno stretto corridoio subito sopra una siepe ben curata. In quella zona, lo spazzino hippy ha i suoi attrezzi da lavoro. Lì, mi ha detto una volta, se avesse potuto, ci avrebbe fatto lasciare la vespa durante la brutta stagione. Di solito è parcheggiata sulla via, coperta da un telo blu scuro. D'inverno, resta lì a prendersi pioggia, grandine e qualche volta neve. Con il vento, il telo rischia sempre di volare via.
Per questo motivo, un giorno che ci siamo incontrati, lo spazzino hippy e io, davanti ai cassonetti del riciclo, mi ha detto che sarebbe stato necessario studiare "un altro sistema". "Per cosa?", gli ho risposto.
Per fare in modo che la copertura non volasse via. Così ho scoperto che era stato lui a impacchettarla a dovere con uno spago resistente. Un angelo con i capelli radi lunghi sul collo e il fisico da jazzista non l'avevo mai visto.
Presto pubblicherò (almeno spero) le foto stampate dal rullino (se mi funziona lo scanner).
D'accordo che questo è un diario di bordo, ma qualche indicazioni in più per chi non vive in zona, penso ci voglia.
Grazie, spazzino hippy.
Sempre resistenza.


PS
Sono riuscita a rimettere in funzione lo scanner, grande notizia (?).

Il primo risultato è sotto (è un'immagine collaterale, ma mostra comunque un micro-pezzo della location-bleah di mio interesse. E spero nel tempo anche di qualchedun altro):




giovedì 6 ottobre 2011

Aspettando il treno

In attesa (dolce? Ma sì: lavorare a questa creatura  m'è dolce, tutto sommato) di ritirare le foto delle "location" (bleah), trascrivo la lista delle persone che vorrei fotografare. La riproduco esattamente nello stesso ordine e con le stesse parole usate nell'appunto a matita sul mio block-notes: se voglio restare fedele (almeno per ora) al mio progetto di "docu-fiction" per immagini, non posso star lì a censurarmi.
D'altra parte, dubito che qualcuno di loro scopra il mio blog e mi costringa alla rettifica (ah già, il comma 29 è caduto e questa NON è una testata giornalistica, ma un banalissimo blog!).
Vado:

- Sorelle/fratelli TETTAMANZI
- Tipo che cammina per Fermo
- Vecchia Maria
- Ragazza con bimbo in passeggino
- Polacca con bimbo biondo
- Ragazze con cani
- Signore anziane che fanno il giro del duomo a passo veloce
- Indiano metropolitano
- Spazzino hippy
- Addetto Comune di Fermo
- Ragazzo strano che saluta Paolo

Nel frattempo, me ne sono venuti in mente altri, ma per il momento non li dico. 
Altrimenti, come procedo e come vi costringo (ammesso di riuscire a catturare l'interesse di qualcuno) a partire con me?
Perché, in effetti, sono sempre in stazione: il treno è ritardo.
E d'altra parte siamo in Italia, no?
Riusciremo, riuscirò, a smentire tutti (ma pure uno solo) i luoghi comuni che ci riguardano?
Staremo, starò a vedere.

martedì 4 ottobre 2011

In partenza

La valigia è pronta da un po', all'incirca un mese. Neanche se dovessi andare a partorire. E in effetti mi domando: ma non si rischia di sbagliare completamente biancheria se ci si prepara troppo in anticipo?
E infatti a me manca qualcosa, per esempio una prima immagine.
Ve lo confesso: per ora non ho scattato neanche una foto. No, diciamola tutta: ho bighellonato lungo la via "hard core" del mio "minimo progetto" (troppe virgolette, perdonatemi) con la mia Pentax P30N.
Sì, alla fine sono tornata all'origine: con quella macchina (però con un altro obiettivo) ho frequentato il corso di fotografia nella mia città natale. Ai tempi, ero una vera pischella. Da allora? Da allora sono passati oltre ...'ent'anni. Ebbene sì, sono una tardona con il gusto del gioco.
Per farla breve, ho finito il rullino, ma devo portarlo a sviluppare. Se va tutto bene, dovrei aver immortalato i principali angoli delle location (bleah) prescelte. Sempre ammesso (lo dirò spesso: ammesso e sempre. Lettori avvisati) che possa un giorno l'altro utilizzarli come sfondo dei miei ritratti.
Sì. Perché per chi non avesse ancora capito dove voglio andare a parare, voglio andare a parare dalle parti del fotoracconto, usando questo spazio per testimoniare i passi più salienti verso il mio obiettivo.
Obiettivamente (oh yes) è un casino. Il che mi stimola assai.
La parte (relativamente) più semplice sarebbe scrivere sui soggetti che fotograferò.
Ho in testa (e segnato a matita un giorno, mentre facevo qualche noiosa operazione al computer) un elenco di persone da ritrarre. Mi è stato detto che dovrò sottoporre a ciascuna di loro un modulo per la tutela della privacy. Bene. Benissimo. Dubito fortemente che taluni dei ritraendi me lo firmino mai.
Ma vedremo. Quanti ostacoli e quante mani (due!) messe avanti.
Ricominciamo daccapo.
La valigia, quasi pronta, è stata preparata il 7 settembre.
Avrei l'intero file, ma ve lo risparmio.
Vi trascrivo (copio e incollo) solo l'incipit:
"Via Mazzini a Fermo, nelle Marche, conduce dalla piazza principale del centro storico al colle del Girfalco, il punto più alto della cittadina, dominato dal duomo. Di solito il movimento di auto e persone non è eccessivo, anche se nella bella stagione aumenta decisamente per merito dell'incantevole e assai ampia area verde che si estende tutt'intorno alla chiesa cattedrale.
Il luogo è talmente ameno da spingere moltissime coppie di sposi a sceglierlo come scenario per le loro foto-ricordo, a prescindere da dove abbiano celebrato il proprio matrimonio.
Tolti gli sposini e i turisti, però, nel giardino e nella già citata via Mazzini, si incontrano più o meno sempre le stesse persone...".
Ecco.
A me interessano gli habituè. A parte gli impiegati del Comune e i residenti, perché ritornano gli altri? Che cosa fanno e che cosa sognano quando osservano il Conero o i tigli spiumati dall'inverno? 
Perché tra i soggetti che ho individuato, ce n'è più d'uno che si aggira da queste parti anche quando tira un vento che ci porta via tutti, forse attirati, chissà, dall'atmosfera da Sturm und Drang possibile anche nel Centro Italia in certi periodi dell'anno. 
A vederli dall'esterno, sembra quasi che non siano mai usciti da questo borgo, orizzonte e meta di tutto il loro mondo. Oppure no? 
In linea (almeno spero!) con il progetto più generale ideato dal fotografo Giovanni Marrozzini, che mi ha spinto ad assecondare la mia follia, vorrei che dai ritratti fotografici e scritti delle persone che riuscirò a portare sulla mia stessa pericolosa china, emergessero le radici. Di chi ama svisceratamente la terra che li ha generati e di chi (al contrario) se ne allontanerebbe volentieri se potesse.
Dimenticavo un dettaglio.
Anch'io abito in via Mazzini, in una condizione di dorato esilio che mi ha permesso di esercitare, nelle giornate più vuote e solitarie, la mia capacità di micro-osservazione.
Adoro i dettagli e le storie laterali.
Mi piace pensare che anche la più piccola vita possa regalarci macrocosmi di memoria ed emozioni.
Vorrei riuscire a esprimerlo con i due mezzi che adoro di più in assoluto: parole e immagini.
C'è qualcuno che ha voglia di farmi compagnia in questo viaggio?
Ci conto. Prometto che ogni tanto starò zitta. 
Vi aspetto in stazione.