Mi ha colpito in modo particolare il rottame di una sedia di plastica, inchiodata a terra dai gestori di uno stabilimento balneare di Porto San Giorgio, in cui capito spesso durante l'estate. Pur non essendo l'unica traccia del forte vento della nottata precedente, l'ho considerata il perfetto simbolo della fine di un ciclo, della bella stagione certamente, ma non solo di quella.
Dentro ogni cosa che finisce, però, c'è già il seme di qualcosa che nasce. Lo testimoniano le sculture di Luca Corrina, realizzate dall'assemblaggio dei relitti provenienti - presumo - dal medesimo mare teatro dei miei bagni nella bella stagione e delle numerose passeggiate durante la brutta.
Ho assistito con grande curiosità all'allestimento del suo spazio all'ex mercato coperto di Fermo, lo scorso anno: Luca è un tipo cordiale, molto disteso davanti alla fotocamera e disponibile al dialogo.
Peccato però che da allora ne abbia perso le tracce: mi domando anzi che cosa stia combinando a distanza di quasi un anno da quelle intense giornate.
Le sue sculture, ricavate in massima parte dai legni rilasciati dalle mareggiate, rivelano una natura inquieta e molto fantasiosa. Forse da bambino gli saranno piaciute le favole piene di cavalieri, guerrieri e briganti. E forse sarà stato attratto anche dal lupo cattivo che c'è in tutti noi, a giudicare dai suoi cani danteschi, dai denti digrignanti.
Qualunque siano i demoni che sta inseguendo in questo periodo, sono comunque sicura che le opere che ne ricaverà rinnoveranno le forti emozioni che è stato capace di suscitare con quelle esposte lo scorso anno.
Le fotografie sotto riportate non potranno mai riprodurre fedelmente l'effetto indotto dalle sue creazioni: per immergervisi completamente, bisogna prendersi il tempo di guardarle a lungo e da vicino, fissando gli occhi negli sguardi stralunati dei suoi guerrieri e degli strani animali antropomorfi.
Difficile non essere attratti dalle macchie di rosso che l'artista ha sparso in tutto il suo allestimento (benché ve ne fossero altrettante di azzurro come il mare, fonte generosa delle sue sculture).
Non c'è d'altra parte colore più adatto a raccontare la vita e la morte, simboleggiati anche dal combattimento nell'arena tra l'uomo e il toro, inseriti di certo non a caso nell'allestimento.
Fragile, e forse anche sciocco, è l'uomo che sceglie di sfidare la belva, non importa se esterna o interna a noi. Anche una volta sconfitta, infatti, non potrà comunque sfuggire al suo destino di creatura fatta di sanque e acqua, di vene e interiora.
Luca Corrina sembra saperlo, così gioca, non senza un pizzico di crudele ironia, con noi che lo guardiamo.
A lui e a tutti noi buona fortuna. Ne abbiamo davvero bisogno.
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