giovedì 7 febbraio 2013

Un ponte tra passato e futuro nel Museo dell'Iti "Montani" di Fermo

Conosco l'Istituto tecnico industriale "Montani" dal primo anno in cui sono sbarcata in terra fermana.
In verità, a pensarci bene, l'avevo sentito nominare già da prima, da un mio zio acquisito, venutovi a studiare dagli "Abruzzi" molti anni fa, e anche dal padre di una mia carissima amica, che racconta spesso la seguente storiella, facendola più breve di quanto mi accingo a scrivere io ora.
C'era una volta un giovane studente di origine meridionale spedito dalla famiglia a frequentare l'Iti di Fermo. Dopo i cinque anni trascorsi nel convitto destinato a ospitare i numerosi ragazzi provenienti in prevalenza da altre zone della regione e dal centro-sud in genere, arrivò finalmente il giorno del diploma.
Tutto fiero di averlo conquistato dopo tanti sacrifici, così telegrafò ai genitori lontani: "In Fermo fui perito. Stop".
E giù risate del papà della mia amica.
La storiella è minima, indubbiamente, ma rende un po' l'idea (almeno credo) di che cosa abbia rappresentato l'Istituto industriale di Fermo per generazioni di giovani di belle speranze e di poco reddito, mandati a vari chilometri da casa (il papà della mia amica, che non l'ha frequentata, ma di sicuro aveva amici d'infanzia che lo fecero, è di origine molisana. Lo zio acquisito che vi ha studiato, invece, proviene da un paesino di montagna della mia regione natale, dall'epico nome di Schiavi d'Abruzzo).
Negli anni, il numero dei "convittori", ossia degli studenti alloggiati nell'enorme palazzo adiacente alla sede principale dell'attuale scuola, è sceso parecchio, ma il prestigio dell'Iti Montani è ancora intatto, nonostante tutto. Basta varcarne l'ingresso, come ho fatto io in qualità di insegnante temporanea di giornalismo, per percepirne tutta la grandezza.
Se volete rendervene conto anche voi, date un'occhiata al video girato dalla sottoscritta lo scorso 6 gennaio, durante l'ultima giornata di apertura gratuita del Museo dell'Innovazione e della Tecnica Industriale (in sigla, MITI), inaugurato giusto alla vigilia dello scorso Natale nei locali un tempo destinati alle officine della scuola.
Sono rimasta veramente impressionata dall'enormità dello spazio ora museale, sapientemente ristrutturato per rinverdire il legame tra il passato e il presente, con un occhio più che consapevole al futuro, com'è giusto che si faccia in una scuola tuttora destinata a formare tra le menti più brillanti della scienza e industria italiana.
Prima di linkarvelo, però, permettetemi ancora una volta di ringraziare Guglielmina Rogante, docente di lettere all'Iti fino a qualche anno fa, ma tuttora fortemente legata alla scuola da varie ragioni, non ultima l'essere stata la curatrice storica e la consulente per la ricerca iconografica del MITI. 
Ed eccovi, finalmente, il video:





Come posso chiudere il post? Beh, direi che il motto rispolverato per questo blog dalle mie sempre più rarefatte reminiscenze del latino ci sta più che bene: ai ragazzi dell'Iti e a quelli che decideranno di frequentarlo dopo aver visto il MITI, ad maiora!

2 commenti:

  1. sono queste le storie che mostrano quella parte dell'italia che ci fa forti della nostra storia. in tempi nei quali la memoria tende a vacillare (è noto che gli italiani NON hanno memoria storica del loro passato e che la dittatura televisiva ha dato l'ultimo colpo mortale a questa disposizione dell'animo). il mio ringraziamento e stima a coloro che lo progettano e mantengono in vita. e grazie a te che hai volto , per l'appunto, farne memoria. Paolo Ferrario del lago di como

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Grazie a te per aver compreso e rilanciato con la sensibilità e intelligenza che ti sono proprio questa piccola opera di conservazione della memoria. Meno male che ci sono i ragazzi: loro sì che sono l'unica speranza per la povera Italia.

      Elimina