mercoledì 31 ottobre 2012

Giochi felini da fine estate indiana: funzionerà come pressing sulla grafica?

Giusto agli sgoccioli della nostra estate indiana, ho deciso di staccare il lembo inferiore della zanzariera del soggiorno, per accedere all'anta destra della finestra esterna e riagganciarla alla sinistra prima che il vento cominciasse a sbatacchiarla qui e là. Abitando all'ultimo piano di un palazzo esposto ai quattro punti cardinali, a pochi metri dalla sommità più alta di tutta Fermo, il vento è un nostro abituale compagno, pericoloso solo nei giorni di tregenda come oggi. D'estate, invece, la brezza è particolarmente gradita anche ai nostri coinquilini a quattro zampe, con una predilezione più spiccata da parte della gatta Bice, sempre molto tentata dai tetti sui quali le impediamo di scorrazzare (non prendeteci per secondini cattivi, è proprio che sarebbe troppo rischioso per una ex campagnola come lei).
E insomma: non l'avessi mai fatto.
La novità è stata molto apprezzata, quasi quanto lo stendino-palestrina che ancora staziona per il corridoio (che cosa non si fa per amore).
Eccovene un breve resoconto:








Anche questi scatti non fanno parte di Che gatti, o almeno così credo... sarà il caso, piuttosto, di rifare giusto un po' di pressing alla curatrice del progetto grafico?
Mi sa proprio di sì. Procedo.
Maria Loreta, Bice e Nino "aspettano a te"!!

martedì 23 ottobre 2012

Il quadrotto "Che gatti"? Ancora in stand-by... per poco!

Che fine ha fatto il quadrotto? Immagino che nessuno dei miei pochi lettori se lo sia chiesto: semmai mi sbagliassi, ecco qui un piccolo aggiornamento.
Dopo essere andato in versione asciugata al Centro italiano della fotografia d'autore di Bibbiena, portato da Daniele Cinciripini insieme con gli altri esempi di libri autoprodotti, è tornato a essere una bozza nelle mani di Maria Loreta Pagnani, la grafica che ho conosciuto nelle giornate passate con Daniele & co a San Benedetto del Tronto. Ha infatti bisogno di una limatura finale.
Sì, perché avendo tolto molte immagini, è necessario rivedere tutto l'impaginato e prevedere - eventualmente - qualche altro testo. Purtroppo, però, Maria Loreta è molto indaffarata in questo periodo, ma confido nella sua capacità di recuperare il tempo perduto...
Nel frattempo, pubblico alcuni scatti nuovi che non faranno mai parte di Che gatti, ma che comunque ne incarnano lo spirito. Il primo (non memorabile) mostra quel gran casino di costumi del bipede Paolo, tirati fuori uno a uno da Nino, un esempio di gioco-teppismo che l'ha impegnato molto spesso la scorsa estate. Alla fine, sono diventati un morbido giaciglio per Bice...
Più avanti ho inserito lo stendino multi-funzione, utilizzato soprattutto dalla femmina per i consueti sonnellini su superficie dura, i suoi preferiti. Da un po' di tempo, peraltro, pure il maschio ha imparato a salirci sopra: se non lo sapete, anche i gatti copiano dagli altri, mica solo gli esseri umani.
Chiudo con un Nino poetico dietro la tenda vintage. Che poesia, eh?







Alla prossima!

domenica 21 ottobre 2012

Nell'atelier di Marcello Sgattoni, lo scultore-contadino di San Benedetto del Tronto

Niente rimane immobile, neanche le pagine del mio piccolo blog.
Grazie all'esperienza di fotografa/custode a Intanto 2011/12, ho cominciato a interessarmi (ma forse sarebbe più esatto dire a re-interessarmi, seppure da un'altra angolazione) all'arte.
In particolare, ho scoperto l'esistenza di svariate realtà dedite allo sviluppo dei propri talenti creativi, animate spesso da una passione fuori dal comune che permette in molti casi di superare ostacoli economici, burocratici e aggiungerei pure psicologici. Se fosse per la società in cui viviamo, detto in altri termini, l'arte non dovrebbe più esistere. E invece, per fortuna, si rinnova continuamente, usando canali antichi e moderni.
Grazie al più famoso social network, per esempio, sono venuta a scoprire dell'esistenza del Museo Pietraia dei Poeti, disposto su una una collina porosa a pochi chilometri da San Benedetto del Tronto. Non so come né quando, me lo sono ritrovato tra i miei "amici" ed è stato così che ho conosciuto l'ultima creatura promossa dall'affascinante museo all'aria aperta di Contrada Barattelle: sto parlando della Casa del Vento, in piazza Bice Piacentini, nella parte vecchia di San Benedetto del Tronto, un luogo che mi ha subito colpito per il nome fortemente evocativo.
All'interno della vecchia abitazione, si trova una selezione delle opere di Marcello Sgattoni, lo scultore-contadino che ha permesso la nascita della Pietraia dei Poeti, sorta proprio sul terreno che coltiva e modella da molti anni.
Mentre visitavo le stanze spogliate degli arredi ma non dello spirito dei tempi in cui vi vivevano famiglie immagino non abbienti, mi sono sentita assalire anche da una certa inquietudine. I volti ricavati dai legni rubati al camino o ad altro destino lasciano volutamente trasparire tutta la disperazione umana per una vita spesso priva di senso eppure così bisognosa di risposte, di consolazione, di speranza. Sgattoni l'ha trovata in Cristo, molto diverso dal Dio del Vecchio Testamento altero e distante. Sentendolo parlare nel video di una ventina d'anni fa riproposto dagli allestitori del museo, mi sono fatta l'idea che la sua religiosità scaturisca dalla lucida presa di coscienza della nostra finitudine, riscattabile solo da un'aldilà pieno di gioia eterna. Un luogo che Gesù ci ha fatto vedere risorgendo dalla Croce. Al contempo, però, l'artista sambenedettese vive nel mondo, di più, a stretto contatto con la terra, gli animali, gli odori e i rumori. E con le donne, simbolo per antonomasia della fecondità e del mistero della vita, celebrate con i loro seni turgidi o nelle frequenti rivisitazioni da parte dell'artista di varie madonne con bambino.
Sarà per questo motivo, forse, che le sue opere parlano anche a chi non crede nella vita dopo la morte, eppure vaga, a volte con disperazione immensa, alla ricerca di un senso per i propri giorni.
Sia come sia, lascio l'ultima parola ai miei pochi scatti:











Gli ambienti erano molto scuri e mi sarebbe servito un cavalletto o una luce aggiuntiva.
Dopo aver messo le mani avanti, spero comunque di aver incuriosito chi capiterà da queste parti.
La Casa del Vento era aperta in quei giorni in concomitanza con i festeggiamenti del Santo Patrono della città.
Uscita da lì, sono entrata un attimo nella chiesa che ospita la statua di San Benedetto martire, pochi minuti prima che arrivasse il prete a serrare l'uscita:


Ho grande rispetto per la religiosità popolare, perciò ho scattato a debita distanza.
Riporto la foto qui giusto per chiudere il discorso sullo spirito che aleggia nelle opere di Marcello Sgattoni.
Sta a voi, adesso, andarlo a scoprire!

giovedì 11 ottobre 2012

Intanto, gli altri fotografi...

Che fine avrà fatto l'ambulante della frutta che lavorava al mercato coperto di Fermo nei tempi d'oro della sua storia? Il primo ritratto sotto riportato fa parte degli scatti realizzati da Piero Properzi, un fotografo scomparso poco prima che si aprisse la seconda edizione di Intanto. Purtroppo non ne ho una di insieme, ma ricordo che erano stati presi tutti nello spazio un tempo deputato ai commerci alimentari della cittadina, e restituivano perfettamente l'atmosfera di un'epoca insieme povera e gloriosa difficilmente replicabile nel presente.
Sul filo della nostalgia si muove anche il pannello curato da Giocondo Rongoni e Antonio Zappalà, dedicato agli antichi mestieri una volta praticati nel centro di Fermo. Sto parlando della foto d'insieme appena sotto il volto dell'ambulante.
Molto più di recente, invece, è stata scattata la terza fotografia dall'alto: protagonista il gatto Bibì (di qui l'omaggio al suo quasi omonimo organizzatore di Intanto, in una posa poco poco costruita mentre indica con le sue forbici personali la fotografia), appartenente al giovane fotografo di nome Lorenzo Trentuno, un tipetto dai modi molto inglesi che mi ha guardato con un certo fastidio mentre lo bersagliavo con l'ennesimo click (lo trovate più sotto con indosso una giacca grigia morbidamente imbottita).
Allo stile retrò di Lorenzo fanno da contralto i gabbiani ritoccati di Dario Cingolani e le foto altamente concettuali e non riproducibili di Pietro Vitale (ritratto di spalle, davanti alla sua opera in rosso).
Si somigliano (o comunque io li associo), poi, i soggetti esposti da Carlo Berbellini, spesso avvistato con la sua fotocamera ai concerti, e da Stefano Marziali, un tantino meno fotogiornalistico del primo. In entrambi i casi, si coglie la passione per un'arte sempre viva e rinnovabile, nonostante l'ubriacatura costante di immagini in cui siamo immersi.
Apprezzabile, ancora, il desiderio di rinverdire la memoria della città di Fermo, testimoniato dalle fotografie di Mario Maroni, recuperate per caso dal suo archivio personale. Si tratta di alcuni scatti catturati durante gli allenamenti di ginnastica nella palestra del Coni, una trentina d'anni fa circa, nella stessa sala in cui alcune di quelle bambine oggi divenute signore fanno la loro ora di aerobica-step... tra queste ci sono anch'io, che però sono arrivata a Fermo solo otto anni fa. 
Tuttora incantata dal sorriso di Cinzia Alberti, giovane fotografa con i capelli ricci ritratta accanto al suo papà, ripropongo anche le ulteriori bellissime e commoventi fotografie dello scomparso Piero Properzi, montate sul pannello da Sara Pagliaretta, in maglioncino viola, accompagnata dalla sua simpatica amica con sigaretta appesa tra le labbra.
Resta infine il grande scatto solitario, un po' onirico un po' pubblicitario di Federico Giampieri, che purtroppo non ho incontrato mai di persona.
Nel complesso, la fotografia resta l'arte più gettonata tra i partecipanti di Intanto, a mio giudizio per varie ragioni. La più importante? La capacità di raccontare noi, ciò che siamo e ciò che siamo stati, con un semplice click, a prescindere dalla nostra perizia tecnica.
Con questo non sto dicendo che gli autori che hanno partecipato alla collettiva natalizia non siano capaci di fare foto (dovrei inserirmici anch'io, visto che c'era anche il mio pannello!). Sto soltanto affermando che non esiste disciplina creativa con altrettante, estesissime, potenzialità espressive della fotografia.
Ed è ben per questo che, personalmente, continuerò a scattare. A futura gloria!
Ai fotografi di Intanto, compresi quelli già tratteggiati nei precedenti post, il mio grazie più sentito.