Simone Beato è un tipo preciso: gli ho mandato il link al precedente post dedicato agli artisti di "Intanto" e subito si è accorto del clamoroso refuso meritevole di matita BLU che ho immediatamente rimosso. Di ciò lo ringrazio nuovamente, anche perché, pur essendo caotica in quasi tutti i settori della mia vita, in fatto di grammatica sono piuttosto rigorosa...
Ma veniamo all'artista, un giovane fermano di grande talento, a mio avviso (d'altra parte è nato il 20 luglio come me... solo un po' d'anni dopo!).
Prima ancora di conoscerlo, ero rimasta colpita dalla tela che ha portato al Teatro dell'Aquila, in occasione della messa in scena di "ART", una piéce di Yasmina Reza tutta incentrata su un quadro bianco. O meglio, su una tela completamente bianca acquistata da uno dei protagonisti, scatenatrice di litigi drammaticamente divertenti. Nel foyer del bellissimo teatro di Fermo, erano esposte una serie di opere di analogo colore (ma, se non vado errata, nessuna completamente priva di intervento umano), tra le quali anche una di Simone.
Dalla tela, in quel caso, emergeva un volto, distinguibile solo dall'arcata sopraccigliare e dal naso. A guardarlo meglio, se ne potevano scorgere anche i contorni, ma più rilevante era l'effetto sottilmente inquietante ottenuto dall'autore. Qualche settimana dopo, ho rivisto il quadro al mercato coperto, assieme ad altre opere del Nostro.
Oltre alla faccia evanescente, Simone aveva portato, in quell'occasione, anche un'Italia dipinta su plastica da imballaggio e una prova della stessa tecnica su un quadro di dimensioni molto più contenute, più una Gioconda "pixelata" (come suggerisce l'autore stesso), realizzata in olio su cartone telato.
La grande tela dedicata alla patria, incarnata da una bruna con le spalle tornite e il vestito tricolore, è stata più volte oggetto dei miei scatti, attratta com'ero dai chiaroscuri prodotti dalla plastica (quella che se la schiacci fa rumore!) e per via di quella mano aperta come a spingere o forse a respingere qualche altro odioso assalto.
Simone non mi sembra un ottimista, ma d'altra parte chi può esserlo di questi tempi?
E tuttavia, le sue tele, all'apparenza di ghiaccio come il colore prevalente utilizzato dai membri de "Il bianco", emanano anche un grande bisogno di riscatto.
Un sentimento del genere è a mio giudizio ancora più evidente nella sua rivisitazione della "Nike" di Samotracia, portata alla mostra sul ventennale dell'assedio a Sarajevo. Scrive infatti proprio Simone nella didascalia accanto al suo olio: "La giovane dea alata", simboleggiante nell'antica Grecia le glorie militari conquistate in guerra, "si presenta ai giorni nostri sprovvista della testa e degli arti superiori". Per quale ragione la raffigura così? Perché, continua l'artista, "in guerra non esiste vittoria".
In questo caso, tra l'altro, il bianco prevalente della statua mutilata è macchiata da rivoli di sangue che colano dal collo e dall'attaccatura delle braccia.
Ed eccovi dunque le opere di Simone, dal viso evanescente all'Italia adombrata fino alla prova dell'interessante tecnica di pittura su plastica da imballaggio:
Di seguito un piccolo scoop che spero non turbi il Nostro: Bibi Iacopini (dietro di lui Patrizia Di Ruscio, vicepresidentessa dell'associazione "Il Bianco", di cui avrò modo di tornare a parlare in seguito) solleva un lembo della sua "Italia" per mostrare alla stampa il retro del quadro, ossia quel che tutti pensavano fossero il diritto del medesimo:
Infine, eccovi la Nike macchiata del sangue delle vittime di tutte le guerre, vittima essa stessa:
La conclusione del post è però un'altra e riguarda molto da vicino l'autore delle opere sopra mostrate il quale, come vi dicevo all'inizio, è un tipo preciso:
Per apprezzarne al meglio l'espressione concentrata, cliccate sull'immagine per ingrandirla.
Lo stesso potete fare con le sue opere, anche se, ahimè, i riflessi prodotti dalla plastica che schiocca non rendono del tutto giustizia alle medesime.
A Simone, ancora grazie per l'impegno. E soprattutto: rimettiti in salute così vengo a fotografare il tuo laboratorio!
A tutti gli altri, alla prossima!
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