Pierluigi Savini ha occhi strettissimi, da gatto. Anche il fisico rotondo fa pensare a un maestoso felino non più giovane e proprio per questo molto saggio:
La prova provata della sua natura sorniona e graffiante sta tutta nelle frecciate che lancia molto spesso con voce tonante. Ho conosciuto il Maestro da pochi mesi, ma la sua leggendaria personalità mi era stata ampiamente illustrata da
Massimo Del Papa e suo fratello (nonché mio consorte, da Savini, non si sa perché, ribattezzato Carlo).
All'artista fermano basta davvero poco per imporsi, ma, come tutti gli ego giustamente sviluppati, ha voluto partecipare alla mostra collettiva di Natale con un'opera di ragguardevoli dimensioni.
Realizzato nel 1995 in occasione di un convegno filosofico con importanti luminari della materia, il dodecaedro ligneo giaceva smontato da lungo tempo. Il che ne ha reso abbastanza complessa la ricostruzione, come attestano le foto che ho scattato in quei giorni:
Devo ammettere che vederlo montato in quello spazio enorme ancora semi-vuoto ha ingenerato in me qualche pensiero misticheggiante:
In particolare, ho trovato davvero affascinante il drappo dorato disteso mollemente su tre facciate dell'universo platonico ricostruito dall'artista fermano. Come faccio a sapere che si tratti proprio del solido concepito dal filosofo greco come perfetta metafora del cosmo? Ovviamente perché è stato Savini stesso a spiegarlo per mezzo di un foglio disposto su un leggio accanto all'opera:
Non si trattava, insomma, di impararne semplicemente il titolo, come si fa alle mostre d'arte contemporanea davanti a forme non immediatamente intellegibili a un pubblico di non addetti ai lavori.
Savini voleva mostrarci un'idea tangibile di armonia, come forse solo gli antichi potevano concepire. E chissà che anche a lui non sarebbe piaciuto vivere nell'antica Grecia, in mezzo a pensatori e finissimi studiosi, a discutere di polis, d'arte e di poesia. Qualcosa mi dice che ci sono andata vicina, ma penso proprio che glielo chiederò presto...
In tutti i casi, anche il Savini del 2012 non si sottrae mai alla discussione accesa, soprattutto quando verte su una possibile opera da realizzare in uno spazio pubblico.
Mi sono davvero divertita a ritrarlo mentre parlava animatamente con Francesca Blasi e Renato Santiloni della scultura che l'artista da me già presentata intenderebbe dedicare a Vincè de li pacchi, l'ex fattorino della corriera per Roma, scomparso pochi mesi fa:
Nelle ultime due foto è presente anche
il deus ex machina Bibi Iacopini, ossia colui che ha messo fine al dibattito.
Non ne rammento i dettagli, ma il tutto si è svolto nel massimo rispetto reciproco. Chissà, tra l'altro, come andrà a finire.
Sarei molto curiosa di conoscere anche il destino del dodecaedro che ho saputo essere stato nuovamente smontato. Da quel che ho capito leggendo un articolo di
Loredana Tomassini, Savini vorrebbe che ne fosse ricavata una versione in bronzo ancora più grande, da disporre - immagino - su una rotatoria della città.
Non ho davvero idea se mai succederà ed è anche questa una domanda che porrò all'artista.
Sì, perché a giorni dovrei andare a intervistarlo nel suo studio. E se possibile cercherò anche di fotografarlo. Sempre ammesso che il Maestro voglia ricevermi là, perché mi ha detto che è in grande disordine... ossia un vero sogno, per me, che amo gli ambienti incasinati!
Se riuscirò nell'intento, sarà il primo artista al quale, finalmente, comincio a dedicare qualche foto ad hoc.
Vi lascio con qualche dettaglio del suo dodecaedro:
Sul significato del drappo dorato ho un po' di confusione, lo confesso, ma dovrò trovare il modo giusto per chiederglielo senza fargli il contropelo... in quei giorni, infatti, il Maestro si è inferocito con una cronista locale (peraltro bravina) che, inopinatamente l'ha chiamato lenzuolo. Riuscirò a non fare la solita figura da giornalista? Staremo a vedere, anche in questo caso.
Semmai, per rabbonirlo, gli porto qualche caramella balsamica, di quelle che consumava in grande quantità durante le lezioni sull'arte del sabato.
Alla prossima!