E invece forse sono riuscita a trovare un paio di foto adatte per la mia (decima? non ricordo!) Minima Storia.
A raccontare la serata di domenica scorsa, ci ha pensato Massimo, quindi qui non mi ripeto.
Però sento, lo sento profondamente, che bisogna darsi una mano, rilanciarsi, smuoversi vicendevolmente, per non morire.
Non sto esagerando, perché se c'è una cosa che mi fa ancora più paura della crisi, è la morte interiore.
Invece, le persone che frequentano i bar, anche le più tristi e malinconiche, vogliono vivere.
Lo si vede negli sguardi di tutti, gestori e avventori, soprattutto quando un po' d'alcol comincia a scaldare le vene, e non solo.
In modeste quantità, il vino o quel che è fa emergere il cuore, in chi ce l'ha.
E Gianfranco, sua moglie e la loro bellissima figlia Emanuela il cuore ce l'hanno.
Per questo motivo ero dispiaciuta che il grosso delle foto fosse scuro e io il flash (intendo quel flashino inutile che mettono su tutte le fotocamera) lo odio.
Per questo motivo ero dispiaciuta che il grosso delle foto fosse scuro e io il flash (intendo quel flashino inutile che mettono su tutte le fotocamera) lo odio.
Per fortuna, ho trovato una strada: vediamo che cosa ne dice il tutor.
Intanto, ai frequentatori di questo spazio (e magari anche di qualcuno del Capolinea cafè, cui sono legatissima per varie ragioni...) offro qualche scatto, compreso uno di quelli fatti, per interposto fotografo (e che fotografo: si tratta del grandissimo Mario Dondero!) a Tigre:
Arrivederci a presto, dunque. E resistiamo!