giovedì 21 febbraio 2013

Da Itaca a Letteralmente fotografia... con Giovanni Marrozzini!

Castelluccio di Norcia
Quando ho scattato questa fotografia, ormai quasi quattro anni fa, tutto avrei immaginato se non che sarei tornata in questi luoghi in un ruolo per me totalmente inedito.
Mi sto riferendo alla mia prossima avventura in qualità di "facilitatrice di scrittura", affianco (o sarebbe meglio dire al seguito) di Giovanni Marrozzini, il fotografo-nocchiero che mi ha condotto lo scorso anno sulla strada per Itaca.
E così, dopo Minime Storie, mi preparo a vivere un'esperienza che già so sarà molto importante.
Chi mi conosce bene, sa che cercherò di dare il massimo, sperando di trasmettere fosse pure un'oncia dell'entusiasmo che sto provando in questo periodo di studio dei luoghi in cui si svolgerà il nostro (ebbene sì: nostro!) workshop dal fascinoso titolo (non ideato da me, perciò posso permettermi di affermarlo) Letteralmente fotografia.
Che altro dire?
Indovinate un po'?
Uno
due
tre
... Ad maiora!

domenica 10 febbraio 2013

Massimo Del Papa, i gatti e il senso della vita

Nerino e Camillo sono i principali protagonisti di Anni di vita -  Storie di gatti al confine tra istinto e volontà, di Massimo Del Papa. disponibile in ebook già da qualche settimana.
A dirla tutta, al centro di queste memorie così private e al contempo così familiari per tutti coloro che hanno la fortuna (per non dire proprio il privilegio) di vivere con un gatto (o più) affianco, è proprio mio cognato.
Il vincolo di parentela acquisita che ci lega, peraltro, m'impedisce di tesserne apertamente le lodi. Però una cosa voglio dirla, su Massimo e sul suo ebook: dal contatto con il suo principe nero, sopraggiunto quando era veramente uno scricciolo di felino, ha guadagnato parecchio, come si può dedurre leggendo le delicate e amorevoli parole (a tratti veramente sdolcinate, come succede a tutti i "genitori" umani di questi magnifici quattrozampe) che gli dedica, immutabili nell'affetto e nel soggiogamento totale anche quando lo sgrida per qualche pianta improvvidamente accoppata.
Le pagine dedicate a Camillo, da me detto Camillone per le ragguardevoli dimensioni di questo gatto tigrato dal passato non molto felice, sono numericamente di meno, ma io so che ormai non ne potrebbe più fare a meno. Né lui né mia cognata Claudia, alla quale - naturalmente - il gattone bistrattato da troppi si è legato di più.
Che altro aggiungere? In alcuni passaggi, Massimo si sofferma anche sugli altri gatti, su quelli che vediamo mezzi schiantati, sporchi o arruffati per strada e su quelli (ancora troppi) maltrattati da stronzi a due zampe che faccio fatica a chiamare umani.
Non c'è bisogno di diventare gattari o "canari" per capire quanta mostruosità si nasconda dietro a chi scaccia via con fastidio un animale o per sentire un certo sospetto nei confronti di chi si mostra indifferente ai quattrozampe di qualsiasi razza e formato.
Ma sono d'accordo con Massimo su un punto: bisogna averli accanto, occuparsi del loro vitto e del loro alloggio, giocarci insieme, guardarli dormire, coccolarli o perché no sgridarli, per capire quanto siano in grado di mutare in meglio le nostre vite.
E concordo anche su un altro punto: finisce che diventiamo francamente un po' stucchevoli quando ci mettiamo a descriverne le prodezze agli altri. Sarebbe meglio evitarlo (sì, sarebbe meglio), ma è molto difficile. Del resto, capita lo stesso ai genitori con i loro bambini. Tutti i bambini sono speciali, ovviamente, ma i nostri...
A quest'ultimo proposito, peraltro, c'è solo un passaggio su cui, da donna non madre, non concordo con mio cognato: non ho, non abbiamo - il Bipede Paolo ed io - preso ben due gatti (quasi tre con la bellissima Fulvia adottata, si spera stabilmente, da mia suocera...) per compensare l'assenza dei figli non arrivati.
I gatti sono gatti e i bambini bambini. Con i primi il rapporto diventa quasi subito paritario e, tolto il fatto che, giustamente, spetta a noi umani occuparci del loro vitto e alloggio (soprattutto se li si fa vivere stabilmente in un appartamento), per il resto saranno loro a guidare il gioco, fin da subito. Con i bambini la faccenda sarà (sarebbe) assai più complessa...
Detto questo, qualunque siano le ragioni che ci spingono ad adottare un animale, una volta fatto, non saremo più gli stessi. E quegli occhi che ci guardano con quel misto di curiosità e timore per gli odori sconosciuti che portiamo con noi tutte le volte che rientriamo in casa, anche se siamo stati via per pochissimi minuti, ci faranno sentire veramente importanti. Sempre. Per tutta la vita che avremo la fortuna di passare insieme.
Grazie, Massimo (e Claudia).
E lunga vita a Nerino e Camillo, nelle foto qui sotto:








giovedì 7 febbraio 2013

Un ponte tra passato e futuro nel Museo dell'Iti "Montani" di Fermo

Conosco l'Istituto tecnico industriale "Montani" dal primo anno in cui sono sbarcata in terra fermana.
In verità, a pensarci bene, l'avevo sentito nominare già da prima, da un mio zio acquisito, venutovi a studiare dagli "Abruzzi" molti anni fa, e anche dal padre di una mia carissima amica, che racconta spesso la seguente storiella, facendola più breve di quanto mi accingo a scrivere io ora.
C'era una volta un giovane studente di origine meridionale spedito dalla famiglia a frequentare l'Iti di Fermo. Dopo i cinque anni trascorsi nel convitto destinato a ospitare i numerosi ragazzi provenienti in prevalenza da altre zone della regione e dal centro-sud in genere, arrivò finalmente il giorno del diploma.
Tutto fiero di averlo conquistato dopo tanti sacrifici, così telegrafò ai genitori lontani: "In Fermo fui perito. Stop".
E giù risate del papà della mia amica.
La storiella è minima, indubbiamente, ma rende un po' l'idea (almeno credo) di che cosa abbia rappresentato l'Istituto industriale di Fermo per generazioni di giovani di belle speranze e di poco reddito, mandati a vari chilometri da casa (il papà della mia amica, che non l'ha frequentata, ma di sicuro aveva amici d'infanzia che lo fecero, è di origine molisana. Lo zio acquisito che vi ha studiato, invece, proviene da un paesino di montagna della mia regione natale, dall'epico nome di Schiavi d'Abruzzo).
Negli anni, il numero dei "convittori", ossia degli studenti alloggiati nell'enorme palazzo adiacente alla sede principale dell'attuale scuola, è sceso parecchio, ma il prestigio dell'Iti Montani è ancora intatto, nonostante tutto. Basta varcarne l'ingresso, come ho fatto io in qualità di insegnante temporanea di giornalismo, per percepirne tutta la grandezza.
Se volete rendervene conto anche voi, date un'occhiata al video girato dalla sottoscritta lo scorso 6 gennaio, durante l'ultima giornata di apertura gratuita del Museo dell'Innovazione e della Tecnica Industriale (in sigla, MITI), inaugurato giusto alla vigilia dello scorso Natale nei locali un tempo destinati alle officine della scuola.
Sono rimasta veramente impressionata dall'enormità dello spazio ora museale, sapientemente ristrutturato per rinverdire il legame tra il passato e il presente, con un occhio più che consapevole al futuro, com'è giusto che si faccia in una scuola tuttora destinata a formare tra le menti più brillanti della scienza e industria italiana.
Prima di linkarvelo, però, permettetemi ancora una volta di ringraziare Guglielmina Rogante, docente di lettere all'Iti fino a qualche anno fa, ma tuttora fortemente legata alla scuola da varie ragioni, non ultima l'essere stata la curatrice storica e la consulente per la ricerca iconografica del MITI. 
Ed eccovi, finalmente, il video:





Come posso chiudere il post? Beh, direi che il motto rispolverato per questo blog dalle mie sempre più rarefatte reminiscenze del latino ci sta più che bene: ai ragazzi dell'Iti e a quelli che decideranno di frequentarlo dopo aver visto il MITI, ad maiora!

mercoledì 6 febbraio 2013

Bice, la gatta venuta dall'Oriente... Forse!

Altro che certosino o simil-tale.
Guardate le foto in basso e ditemi se questi Korat, gatti grigi di razza orientale, non sono identici alla nostra teppa Bice:




Sotto due scatti della nostra campagnola:



Incredibile, eh? E dire che il sospetto mi è venuto durante l'ultima visita con la bella gatta Fulvia, purtroppo ancora randagia.
Oggi, finalmente, mi sono ricordata di andare a controllare.
E la somiglianza è impressionante.
Di sicuro non ha pedigree, però qualcosa di nobile ce l'ha eccome questa teppaglia che ci allieta la vita da quasi due anni.
Volevo semplicemente farvene partecipi, tutto qua.
Alla prossima!

venerdì 1 febbraio 2013

Bice master chef

Che gatta la gatta Bice... Ecco come l'ha beccata il Bipede Paolo, allontanatosi un attimo dai fornelli:



Sotto la storia da tweet che mi ha ispirato il suo scatto.


Direi che ci siamo. Che aspettano a buttare la pasta? Umani, troppo umani. Vatti a fidare.