martedì 2 luglio 2019

Attaccarsi al presente, oltre ogni nostalgia



Mi piace godermi il tramonto guardando dalla grande finestra che dà sul giardino.
L'ho fatto dal primo giorno in cui sono entrata in questa casa, quasi un anno fa. Sono esperta di affitti, in fondo.
Quando si è trattato di comprarne una, ho voluto che in più ci fosse almeno un balcone. Tornando a stare in casa d'altri, naturalmente, non potevo avere la stessa pretesa.
Ma mi è andata bene: vivo a cinque minuti dal posto di lavoro e ad altrettanti dal parco di Schonbrunn.

Mi accorgo solo ora che digito finalmente dal mio computer vecchiotto di quanto mi sia disabituata alla tastiera italiana, senza umlaut (i due puntini sopra alcune vocali, per i non cruccofoni) e con una diversa posizione per la z e alcuni accenti.

Da dove scrivo? Dove sono? 
A Vienna.

E che diavolo ci faccio qui?
Lavoro. 
E dovevi arrivare fin là per lavorare?
Sì e no.

E non vorresti tornare indietro?
...

Domandona.

Mi manca l'Italia, come mai avrei immaginato prima.

Ultimamente sto pensando di meno alla mia casa, quella che ho comprato, con, non uno, ma addirittura due balconi.

Se ci penso, provo una stretta.
L'ho chiusa, l'abbiamo chiusa insieme, il Bipede ed io, a Pasqua e da allora non siamo ancora tornati. Quella volta lì ho dovuto buttare tutte le piante residue ormai defunte, riuscendo (forse) a salvare solo l'ulivo che ho dato alla vicina.

Solo da pochi giorni ho comprato dei vasi nuovi qui. Il bipede mi ha regalato una piantina di lavanda per il nostro undicesimo anniversario di matrimonio. 
Bisogna vivere e dare vita a quello che ci circonda.
Almeno, io ne ho bisogno.

Il giardino di fronte a me mi stimola molto.
Una mattina di inizio primavera, quando gli alberi erano ancora spogli, abbiamo avvistato un essere in movimento.
Batteva furiosamente con il suo becco contro la corteccia di uno degli alberi che ora mostra la stessa bella chioma che mi ha accolto lo scorso anno.

Era un picchio che stava preparando la sua tana.
Poi ne sono venuti altri e solo qualche settimana fa ho realizzato che i miei proprietari, che abitano al piano di sopra, hanno riempito appositamente per loro due diversi cilindri traforati, appesi poco sotto la mia finestra, riempiendoli di noci e altra frutta secca.
Ogni tanto si presentano in due: uno prende le noci dal tubo e l'altro, più piccino, aspetta di essere imboccato.

Queste scene da Super Quark sollevano lo spirito. Vederle con il Bipede ancora di più.

In questo lungo primo anno da espatriata, in verità non ancora finito, ho capito alcune cose.

Non mi piace stare da sola.
In verità l'ho sempre saputo, ma ne ho avuto la riprova in un momento piuttosto oscuro e scuro dello scorso inverno.

Voglio fare tesoro di ogni giorno che trascorrerò ancora qui, cercando di prendere il meglio di questo posto. 
A cominciare dalla lingua. 

Vorrei anche reimparare a rilassarmi per bene, cosa che qui, all'apparenza, mi pare sappiano fare meglio di noi italiani.
O sarà che quando non hai entrate certe, difficilmente ti rilassi per bene. 

Però l'Italia è bella, molto bella. 
Lavorando con italiani, certo, non ho perso i contatti soprattutto con l'informazione nazionale, ma ogni tanto mi sorprendo a fissare gli sfondi dietro i giornalisti che, magari, stanno raccontando qualche pessimo fatto di cronaca, un pezzetto di piazza, una collina fiorita e i gelsomini, uh, i gelsomini, dietro un intervistato.

Non penso tanto alla mia casa lontana, ma prima mi è venuta in mente la finestra di quella della mia stanza da ragazza. Le nuvole sopra la speculazione edilizia, i profumi diversi nell'aria.

Ho sognato di proporre a una ragazza di fare conversazione in entrambe le lingue. Le parlavo in tedesco, accidenti. Allora è vero che a un certo punto si sogna in altre lingue. Ma francamente in questo caso mi pare prematuro. 

Poi mi sono successi due episodi carini comprandomi le scarpe e durante la spesa. Lì ho davvero parlato in tedesco e come nel sogno avevo il mio carrellino lilla, ma a differenza che nel sogno, sono tornata a casa contenta. E sollevata di non sapermi sola.

Ci sono anche i gatti, naturalmente. Loro mi pare si siano perfettamente ambientati. Saggezza felina. 

Non so, insomma, come andrà a finire,  se a un certo punto la nostalgia ci sovrasterà.

L'ultima cosa che credo di aver imparato è l'essere riuscita ad attaccarmi il più possibile al presente, come una cozza (ah, le cozze dell'Adriatico) con il suo scoglio (madonna che metafora).

Per il resto, mi è mancata la scrittura, mi mancano da morire i giornali italiani (incredibile), ma mi riferisco a quelli di carta, che qui non si trovano proprio, se non in pochi posti e con vari giorni di ritardo (gli austriaci ci cagano solo per la cucina, praticamente).

Insomma, sono una nostalgica signora di mezza età giunta in terra straniera forse per liberarmi del tutto delle illusioni adolescenziali.

Accettare il tempo che passa non è facile, ma come per quella cosa della cozza e lo scoglio, quando cominci a farlo, ti senti meglio.

E corri più forte.
Sorridendo anche un po'. 


martedì 29 marzo 2016

Arte Laguna Prize, la mia photo-gallery!

A quasi due settimane dalla mia esperienza veneziana, ho ancora la testa nella laguna e un pochino anche il cuore. Aveva proprio ragione Martina Bonci, la riccia fanciulla coordinatrice dello staff che ha collaborato alla realizzazione (e allo smantellamento incombente!) del Premio Arte Laguna, in chiusura il prossimo 3 aprile: fare da assistant per una manifestazione del genere, per giunta in un posto magico come l'Arsenale, va ben oltre le aspettative che ciascuno di noi poteva avere prima di partire.

Almeno, io confermo la sua visione e, se ne avessi l'occasione, ve l'assicuro, lo rifarei. Sarà che sono arrivata a conoscere il Premio adesso che ha maturato già dieci edizioni e che, davvero, il clima che ho respirato negli spazi dell'immenso ex cantiere navale veneziano era davvero internazionale. I finalisti e i vincitori di quest'anno erano 120 e provenivano da ben 35 Paesi differenti, come dire il mondo miniatura racchiuso nei tre affascinanti stanzoni delle Nappe.

Anno dopo anno, Arte Laguna Prize sembra cioè essere diventato uno dei più prestigiosi premi nell'ambiente dell'arte contemporanea.

Anche senza saperne nulla, comunque, bastava guardare l'entusiasmo dei vincitori chiamati sul palco a ricevere il proprio riconoscimento. Devo perciò dare ragione anche a Laura Gallon, una delle due fondatrici (con Beatrice Susa) della manifestazione, sul fatto che per me, scribacchina e pennivendola, era piuttosto importante essere lì nei giorni a ridosso dell'inaugurazione e durante quest'ultima.

Se avessi partecipato solo all'allestimento o alla fase di guardiania, non avrei infatti potuto avvertire anche dentro di me la tensione degli ultimi preparativi e il successivo (temporaneo...) rilassamento di tutto lo staff, una volta che la cerimonia di apertura si era avviata a conclusione.

Insomma, mi sono fatta un bel regalo pre-pasquale. Ed è ben per questo che ci tenevo a ricambiare chi ha condiviso con me l'esperienza, staff e artisti, con la mia artigianale galleria fotografica.

La trovate sotto: ho scelto l'inglese per le didascalie ispirandomi all'atmosfera "very international" non solo di Arte Laguna Prize, ma proprio della città di Venezia.
Un luogo da rivedere assolutamente.
Tornerò... one day or another!

A voi, buona visione.

(The English version just below the photo-gallery)





Arte Laguna Prize, watch my photo-gallery!

After almost two weeks from my venetian experience, I still have the head in the laguna and a little bit of my heart, too. Martina Bonci was absolutely right. I mean the curly young woman, who had the role to coordinate the staff employed to realize Arte Laguna Prize, which is ending on April 3th: being an assistant in such an occasion, in a magic place like Arsenale, goes much more over your beginning hopes.

Either way, to me it was definitely so and I can tell you that, if I had the chance, I would repeat that experience.

Maybe, my enthusiasm also depends on the fact that I have met the Prize when it was already at the edition 10th, and on the fact that the climate which I was inspiring in the huge former ships' factory was really international.

The finalists and the winners of the present edition were 120, coming from 35 different countries. It has been as in the big three rooms of the Nappe there was the whole world.
In other words, year after year, Arte Laguna Prize seems to have become one of the most prestigious prize in the contemporary art's environment.

But, even if you don't know this world at all, you would have considered enough meaningful to look at the joy of the winners, when they were approaching the stage to receive their awards.

So, I must tell Laura Gallon, too, that she was right. She is one of the two founders (with Beatrice Susa) of the prize. She suggested me to come to Venezia just before the opening and during it.
Only in these days, I could have had the opportunity to see the increasing tension, which is normal before an official ceremony, and the satisfaction just after it. For a journalist and a kind of a writer as I am, it was really amazing.

In a few words, I gave myself a really beautiful Easter's gift.
That is why I would thank all the guys (the staff and the artists) who have lived my same experience, making the photo-gallery you can see above.
I hope my English is not so bad: please, forgive me for my mistakes.
And see you soon, Venice and Arte Laguna Prize... I'll come back, one day or another!
And now enjoy the video.